Conserva il cibo ma inquina il pianeta. Esistono soluzioni migliori?
Il materiale trasparente che conosciamo come pellicola di plastica per alimenti, in origine, era un errore della chimica, il residuo ostinatamente attaccato sul fondo di un recipiente in un laboratorio degli anni ‘30.
I militari all’inizio lo usavano per rivestire stivali e aeroplani. Oggi i consumatori in tutto il modo, e i negozi di alimentari in cui fanno acquisti, possono scegliere tra oltre un centinaio di marchi di questo materiale resistente all’acqua.
La pellicola trasparente è popolare negli Stati Uniti. Un gruppo di ricerca sull’industria ha scoperto che, in sei mesi, quasi 80 milioni di americani ne ha usato almeno un rotolo, ma in più di cinque milioni ne hanno consumate oltre dieci milioni di scatole.
Anche se la pellicola è economica e conserva a lungo gli avanzi, ci sono diversi problemi: aggrava la crisi dell’inquinamento da plastica, è difficile da riciclare ed è realizzata con composti chimici dannosi, specialmente quando si degradano nell’ambiente.
“Se guardiamo indietro agli anni ‘50, quando non avevamo un sistema di conservazione del cibo efficace come quello attuale, puoi capire perché fosse così popolare”, dice Leah Bendell ecotossicologa marina della Simon Fraser University.
“Non avevamo la plastica 70 anni fa, e poi nel boom del dopoguerra, sono arrivati i chimici che ci hanno aperto le porte di questo nuovo mondo. Pesticidi, erbicidi e plastiche ne erano una grossa parte”, spiega la scienziata.
Quando Ralph Wiley scoprì il polivinildencloruro (PVDC) mentre lavorava al laboratorio del Dow Chemical a Midland, nel Michigan, lo soprannominò eonite, come un materiale di fantasia, indistruttibile, dei fumetti di "Little Orphan Annie".
Il suo compito era creare un nuovo materiale da idrocarburi e cloro, due sottoprodotti della produzione del detergente percloroetilene. Il nuovo composto scoperto era così resistente all’acqua che non si riusciva nemmeno a lavarlo via dalla sua ampolla di distillazione. Le molecole di PVDC sono legate assieme così strettamente che sono quasi impenetrabili dalle molecole di ossigeno e acqua. Queste proprietà hanno reso il materiale interessante in guerra e nelle cucine americane, come la Saran Wrap.
Negli anni ‘60, la compagnia australiana GLAD aveva creato la sua versione di pellicola per alimenti dal polietilene. Anche la Saran adesso è fatta di polietilene, dopo che le preoccupazioni dei consumatori sono aumentate per i possibili impatti sulla salute derivanti dall'avvolgere il cibo in una pellicola di plastica realizzata col cloro.
Oggi, i consumatori in tutto il mondo hanno a disposizione marchi di pellicola realizzata con PVDC, PVC e polietilene.
Borse sottili e inconsistenti fatte di materiali simili alla plastica, sono difficili da riciclare; senza attrezzatura specializzata ostruiscono le macchine. E anche quando la pellicola di plastica viene riciclata, il costo è maggiore rispetto ai materiali vergini. Quando finisce in discariche o inceneritori, sia il PVDC che il PVC possono liberare un composto altamente tossico come la diossina secondo l’Organizzazione mondiale della sanità.
Negli ambienti marini, la pellicola alimentare aggrava la crisi dell’inquinamento da plastica ma, a differenza delle altre plastiche, gli scienziati stanno scoprendo che PVDC e PVC raccolgono batteri e metalli. Questi pezzi contaminati di microplastica poi danneggiano i pesci che li scambiano per del cibo.
Mentre gli attivisti del clima invitano a non acquistare del tutto i prodotti, i produttori puntano il dito sulle infrastrutture obsolete. Scott Defife, vice presidente degli affari governativi alla Plastics Industry Association, sostiene che le pellicole di plastica potrebbero essere facilmente riciclabili se l’infrastruttura di raccolta non fosse “carente”.
“Vogliamo che il governo federale faccia degli investimenti - dice - dovrebbero considerarlo una fondamentale risorsa pubblica come strade e ponti”. La Plastics Industry Association promuove la pellicola per alimenti come un modo efficace per ridurre lo spreco di cibo, mantenendolo fresco. “Ognuno di questi materiali è stato sviluppato per una ragione”, dice Defife.
PVC e PVDC si distinguono per piccole differenze nel composto del cloro della molecola. La Saran Wrap contiene un po’ di cloruro di vinile, sovente il 13 per cento, ed entrambi generalmente hanno additivi tossici, ha detto Bendell. La Food and Drug Administration li norma entrambi, e consente che solo una frazione dell’un per cento di PVC e PVDC passi al cibo che avvolgono. A quel livello di esposizione, è altamente improbabile che qualcuno venga avvelenato dalla pellicola per alimenti.
“Se ceni in un piatto fatto di PVC, è un rischio? Probabilmente no”, afferma Rolf Halden, scienziato dell’ambiente al Biodesign Institute della Arizona State University. “Ma se ci circondiamo di PVC e ftalati, possono colare e filtrare nel prodotto. Questo crea una esposizione indesiderata”.
Per rendere la plastica più morbida, più flessibile, e più trasparente, sono spesso mischiati con plastificanti soprattutto per l’imballaggio del cibo, dice Ramani Narayan, ingegnere chimico della Michigan State University. Uno dei più comuni, tra i plastificanti, è un gruppo di molecole chiamati ftalati - una categoria che contiene carginogeni - sebbene le pellicole di PVC non li contengano più. Ma contiene un plastificante chiamato DEHA adipato di 2-etilesile, i suoi effetti sulla salute umana non sono ancora chiari.
Tre cose che puoi fare per essere parte della soluzione:
La Stretch-Tite produce pellicola per alimenti che contiene PVC. In una email evidenziano che il loro prodotto è senza sostanze chimiche cancerogene come BPA e ftalati, e affermano che le preoccupazioni sulla sicurezza delle pellicole di plastica per alimenti non hanno solide basi scientifiche.
Spiega Halden: “A differenza di patogeni che provocano infezioni, gli effetti dell’esposizione a sostanze chimiche tossiche possono manifestarsi dopo decenni”. E l’incremento dell’incidenza di tumori, per esempio, potrebbe essere difficile da collegare direttamente ai prodotti contenuti nelle pellicole per alimenti”.
La carta oleata veniva usata frequentemente nei decenni prima che la pellicola di plastica trovasse posto sugli scaffali dei supermercati, ed è un tipo riutilizzabile di carta oleata che offre un’alternativa alla plastica usa e getta.
La Bee’s Wrap è realizzata ricoprendo di cera d’api, olio di jojoba e resina d’albero su una sottile striscia di cotone. Il calore delle mani allenta i legami, rendendola più duttile e appiccicosa.
Steve Reble, co-proprietario della startup Etee, dice che è stato ispirato da come gli antichi Egizi bendavano le loro mummie, quando ha creato la sua versione di una pellicola per alimenti riutilizzabile rivestendo una sottile striscia di cotone con uno strato di cera.
Nonostante siano ancora aziende relativamente nuove - Bee’s Wrap è stata fondata nel 2012, ed Etee nel 2017 - hanno catturato in modo efficace un segmento della popolazione che cercava alternative alla plastica monouso.
Reble dice che la pellicola per alimenti Etee è stata in grado di eliminare più di 9 milioni di metri quadri di pellicola di plastica in due anni.
“Stiamo diventando sempre più consapevoli su come interagire con le nostre risorse”. dice Flagg.
@2023 GEDI Periodici e Servizi S.p.A. - Via Ernesto Lugaro, 15 - 10126 TORINO P.IVA 12546800017 Su licenza di NATIONAL GEOGRAPHIC PARTNERS, LLC. TUTTI I DIRITTI RISERVATI.